La marcia dell’imam ul-Qadri; il turbolento inizio dell’anno elettorale pakistano

La marcia dell’imam ul-Qadri; il turbolento inizio dell’anno elettorale pakistano

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A meno di cinque mesi dalle elezioni presidenziali e legislative del prossimo maggio, il Pakistan, dilaniato dalla guerriglia dei Taliban e dalle violenze settarie contro sciiti e cristiani, precipita in unanuova grave crisi politica. Questa volta a tenere banco è la corruzione, giunta tra le più alte sfere dell’apparato statale. Il 15 gennaio scorso infatti la Suprema Corte ha richiesto ilsollevamento dall’incarico e l’arresto del Premier Pervez Ashra, dopo il coinvolgimento dello stesso in una inchiesta che ha evidenziato come membri del Governo abbiano intascato milioni di dollari di tangenti per truccare le gare d’appalto finalizzate ad affidare a compagnie private la gestione di alcune centrali termoelettriche. In un Paese dove i black out sono pane quotidiano, ed oltre a lasciare al buio le abitazioni ostacolano il lavoro delle imprese, la vicenda aumenta l’esasperazione nei confronti della classe politica anche da parte della middle classurbana, istruita ed emancipata dal fondamentalismo ancora imperante nelle campagne e nelle aree tribali.

Un malcontento diffuso, alimentato oltre che dall’insicurezza anche da crisi economica e dalle crescenti diseguaglianze sociali, e che al di là delle guerriglie e dei separatismi, è ormai intercettato sempre più anche politicamente da leader percepiti come anti-sistema. Il più noto èl’ex campione di cricket Imran Khan con il suo Pakistan Tehreek-e-Insaf (Movimento Pakistano per la Giustizia). Fondato nel 1996 a Lahore, e rimasto a lungo nell’ombra negli anni del regime militare di Musharraf, il partito di Khan è considerato un mix populista di islamismo moderato, nazionalismo, liberalismo e istanze di redistribuzione della ricchezza. Ma nelle ultime settimane a tenere banco è stato il ritorno nel Paese dal Canada, dopo sette anni di esilio volontario, di un altro carismatico personaggio politico a lungo emarginato: l’Imam Mohammed Tahir–ul-Qadri.

Leader religioso sunnita, teologo e studioso di fama internazionale della scuola Sufi, Tahiri-ul-Qadri è un personaggio presente nella politica pakistana fin dal 1989, quando fondò il il Pakistani Awami Tehreek (Movimento del Popolo Pakistano). Ma molto più che come leader politico, Tahiri-ul-Qadri è noto soprattutto in Occidente per la sua ferma opposizione al fondamentalismo islamico, specialmente di natura jihadista: il 2 marzo 2010 è stato infatti l’autore di una vera e propria fatwa incondizionata contro il terrorismo di matrice religiosa, un anatema che non ha esitato a pubblicizzare chiamando a raccolta i giganti dell’informazione mondiale, dalla BBC ad Al Jhazeera. Ciò che lo rende ideologicamente singolare è la vigorosità con la quale sostiene la possibilità che un islam conservatore e tradizionalista possa coesistere con la democrazia, i diritti umani e civili e soprattutto la tolleranza verso le diverse culture e religioni all’interno dei confini dei Paesi musulmani.

Nel mondo islamico al di fuori del Pakistan, Tahiri-ul-Qadri è noto invece per la sua attività di filantropo; nel 1981 è stato fondatore della Minhaj-ul-Quran International, una ONG tesa allo sviluppo del dialogo interconfessionale ed alla diffusione del suo messaggio in favore di un islamismo moderato. L’organizzazione si è espansa negli anni ’90 in quasi cento Paesi, iniziando a provvedere, alla pari di organizzazioni ben più integraliste come gli stessi Fratelli Musulmani, all’educazione ed all’assistenza sociale a cui molti Stati a maggioranza musulmana non provvedono con risorse pubbliche.

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La carriera politica di Tahiri-ul-Qadri nel proprio Paese di origine non è però altrettanto densa di successi, né esente da critiche ed opposizioni. Il suo Movimento del Popolo Pakistano è stato infatti a lungo un elemento secondario nella scena politica nazionale. Aggiudicatosi diversi seggi nell’Assemblea Nazionale alle elezioni dell’ottobre 2002, il movimento di Qadri si è contraddistinto attraverso tutti gli anni 2000 per la strenua opposizione al regime militare di Musharraf ed allo strapotere dei militari sulla vita politica, economica e sociale del Paese. Un contrasto che si è presto esteso anche alla politica estera del regime militare; nonostante la propria fiera condanna del terrorismo e del settarismo religioso, il PAT è stato un fermo oppositore dell’allineamento del Paese alla Guerra Globale al Terrorismo delle amministrazioni Bush. La stagione dell’opposizione parlamentare si chiuse nel novembre 2004 con le dimissioni dello stesso imamdal Parlamento e l’inizio del suo esilio volontario in Canada.

Nel 2011-12 ul-Qadri ha iniziato a tessere le reti per il suo ritorno sulla scena politica nazionale, forte del supporto finanziario e politico soprattutto tra i pakistani emigrati in Occidente e dell’ampia pubblicità assicuratagli presso quest’ultimo dalla fatwa contro il terrorismo. Ul-Qadri ha gettato in un misto di imbarazzo e sorpresa la diplomazia di Islamabad nel febbraio 2012, quando ha compiuto un viaggio di quattro settimane in India auspicando pubblicamente la fine dello stato di tensione tra i due Paesi. Nei suoi discorsi pubblici l’imam si è spinto a rimproverare i governi di entrambe i Paesi per le elevate spese militari dovute alla rivalità reciproca, che “rappresentano uno spreco di risorse da destinare a scuola, sanità ed all’assistenza ai più poveri”. Ma è soprattutto contro la corruzione della classe politica pakistana e la sua “difesa delle elites dei potenti” che il leader religioso si è scagliato pubblicamente in infuocate conferenze stampa e incontri pubblici.

L’esplodere dei casi di corruzione, che hanno coinvolto entrambe le massime cariche dello Stato, (dal luglio 2012 è sotto inchiesta per corruzione ed evasione fiscale anche il Presidente Zardari) e l’approssimarsi della tornata elettorale sono quindi state l’occasione che l’imam cercava per porre fine al suo boicottaggio della scena politica pakistana. Il 21 dicembre scorso Tahir-ul-Qadri è tornato in Pakistan, riprendendo la guida del suo movimento politico; due giorni più tardi ha indetto per il 14 gennaio una “Lunga Marcia ed una pacifica rivoluzione” contro la corruzione che avrebbe dovuto portare in piazza milioni di pakistani da Lahore fino ad Islambad, dove la folla avrebbeoccupato pacificamente il centro cittadino, e portando all’indirizzo del potere politico richieste molto dure: dimissioni dell’esecutivo, passaggio ad un governo tecnico non politico fino ad elezioni, riforme costituzionali in grado di garantire l’assoluta trasparenza ed attendibilità del processo elettorale.

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Il giudizio su quanto accaduto tra il 14 ed il 17 gennaio scorso a questo punto si divide. In quest’ultima giornata, dopo tre giorni di proteste nei quartieri ministeriali, il governo di Pervez Ashra, il quale – beninteso- ha nel frattempo rigettato la richiesta di arresto della Suprema, ha siglato una dichiarazione congiunta con il PAT e gli altri principali partiti nella quale sono stati concordati lo scioglimento del Parlamento entro il prossimo 16 marzo, l’adozione di misure più stringenti atte a verificare lo svolgimento regolare delle elezioni e la messa in atto di misure contro il malaffare politico già previste dalla Costituzione e dalle sentenze della stessa Suprema corte.

Secondo molti osservatori la dichiarazione non va però oltre una proclamazione di intenti di nessun valore legale, e le mancate dimissioni del Premier hanno segnato una oggettiva sconfitta della campagna anti-corruzione lanciata da ul-Qadri. Anche la partecipazione popolare alla marcia sarebbe stata molto inferiore alle aspettative: non più di 50mila persone, secondo la polizia, contro i milioni auspicati dal PAT; i cui leader hanno però ribattuto di aver portato in piazza almeno 500mila persone.

La stessa campagna di mobilitazione dell’imam è stata del resto oggetto di feroci polemiche per il suo carattere anti-istituzionale e populista; esponenti di entrambe i principali partiti (PPP e PQ-N) hanno accusato il PAT di aver tentato un golpe di piazza, mentre gli osservatori internazionali non hanno mancato di paragonare le istanze di Tahir-ul-Qadri a quelle del virulento leader populista Anna Hazare nella vicina India, autore di una violenta campagna di delegittimazione dei principali partiti nel nome della lotta alla corruzione.

I magri risultati ottenuti da Tahrir-ul Qadri sul fronte della mobilitazione di piazza potrebbero suggerire un prossimo ed ennesimo flop del suo partito politico anche sul fronte elettorale; tuttavia la situazione del Paese è profondamente diversa, rispetto agli anni passati. Fallita ed archiviata la dittatura di Musharraf, dopo cinque anni di ritorno alla democrazia i tradizionali partiti politici escono paurosamente screditati dal quadro generale della società pakistana.

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La stanchezza nei confronti della guerra, dei conflitti settari, dello stato precario dell’economia e dei servizi pubblici e sociali potrebbe aver raggiunto il livello di guardia, come indica il successo (almeno nei sondaggi) del Pakistan Tehreek-e-Insaf. L’unione di un conservatorismo religioso ma tollerante con una sorta di social-democrazia islamica che caratterizzano l’ideologia del PAT non appaiono troppo lontane dalle contraddizioni insite nel movimento politico dell’ex campione di cricket. Per quanto le due forze si distanzino enormemente riguardo i rapporti con l’India e la questione del Kashmir, sulle quali il partito di Khan appare decisamente più nazionalista, non è da sottovalutare come proprio il PTI sia stato il più entusiasta aderente esterno alla marcia proclamata dall’imam.

Quel che è certo è che l’irruzione dell’imam ul-Qadri sulla scena politica, sebbene il suo impatto reale sia ancora tutto da verificare, contribuisce allo sparigliamento delle carte che sta rendendo le elezioni del maggio 2013 le più imprevedibili e dense di incognite della storia recente di questo sfortunato gigante dell’Asia centro-meridionale.

Ref: http://www.cronacheinternazionali.com/la-marcia-dell-imam-ul-qadri-il-turbolento-inizio-dell-anno-elettorale-pakistano-1343

 

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